UBS si mangia Credit Suisse: il prezzo piu’ alto pagato dai AT1 bondholder. Banche Centrali costrette a “mollare” sui tassi? La FED decide il 22 marzo. Altre banche in difficolta’? Pare di no, almeno in Europa. Lampante “fly to safety”: l’oro risale oltre 2.000 Dollari/oncia.
Undici banche americane hanno versato 30 miliardi di Dollari nella casse di First Republic Bank in difficolta’, in una forma “consortile” di salvataggio. Un’iniezione di liquidita’ da 54 miliardi di Euro da parte della Banca centrale svizzera ha invece alleviato il dramma di Credit Suisse, in attesa che arrivasse il “salvatore”, cioe’ l’UBS.
Il peggio e’ evitato, per ora, ma resta un problema di fiducia di clienti ed investitori. Venerdi’ 17 le Borse europee hanno chiuso in forte calo, dopo un’apertura positiva: Milano -1,64%, Parigi -1,4%, Francoforte -1,33%. Il calo anche gli indici di Wall Street, Dow Jones -1,2%, S&P500 -1,1%, Nasdaq -0,7%, nel giorno delle cosiddette «3 streghe», alias scadenza trimestrale di future su indici ed opzioni su indici e azioni.
Negli Usa il Presidente Biden, che teme ricadute negative sulla corsa alla rielezione nel 2024, e’ intervenuto con dichiarazioni tranquillizzanti ed ha chiesto al Congresso l’urgente approvazione di nuovi strumenti per punire i colpevoli dei fallimenti e nuove norme e controlli piu’ stringenti.
Mentre anche Svb Financial, controllata dei servizi finanziari di Silicon Valley Bank, e’ ricorsa al “Chapter-11” (“amministrazione controllata”) per proggersi dai creditori della holding, si apre oggi la settimana in cui la Federal Reserve dovra’ decidere se continuare o meno ad alzare i tassi per contrastare l’inflazione, col rischio di creare nuove difficolta’ ad altre banche Usa.
Le attivita’ di Silicon Valley Bank e Signature Bank, entrambe fallite, sono ora sotto il controllo della Federal Deposit Insurance Corporation (Ente di garanzia governativo) che, per scongiurare pericolosi contagi e crisi di fiducia, potrebbe accollarsi parte delle perdite e facilitare la vendita dei 2 istituti.
Gli analisti di Goldman Sachs vedono un aumento del rischio recessione dovuto alle crisi bancarie e comunque, anche in assenza di nuovi eventi traumatici, un rallentamento della crescita per la maggior prudenza delle banche nell’erogare prestiti.
Nel weekend abbondavano le voci di trattative di Ubs (Union Bank of Switzerland) per acquistare Credit Suisse: in effetti i Consigli di Amministrazione delle 2 banche si sono freneticamente riuniti, sotto la regia della Banca centrale svizzera e della Finma (Autorità elvetica di regolamentazione del mercato), giungendo ad uno storico accordo ieri, 19 marzo.
Ubs acquisirà Credit Suisse per 3 miliardi Franchi svizzeri: gli azionisti di Credit Suisse (CS) riceveranno 1 azione Ubs ogni 22,48 CS, valutate solo 0,76 Franchi l’una. UBS ricevera’ dallo Stato Svizzero garanzie per 9 miliardi e potra’ “tirare” liquidità dalla Banca centrale sino a 100 miliardi Franchi.
I mercati devono digerire la scelta del “Regulator” svizzero di azzerare il debito Tier 1 di Credit Suisse, per oltre 16 miliardi Franchi: la Borsa di Zurigo reagisce male alla novita’ punendo le azioni Credit Suisse con un nuovo ribasso del -60%, e quelle Ubs -10% circa.
Sul fonte macro Usa, emerge che a marzo i consumatori sono meno ottimisti che a febbraio: l'indice preliminare della fiducia, curato dall'Università del Michigan è sceso a 63,4 punti, dai 67 precedenti e attese di 67: la voce “aspettative future” scivola a 61,5, da 64,7. Delude anche il “super-Indice” LEI (leading indicator), con -0,3 a febbraio, 12’ calo consecutivo.
Macro globale: OCSE (Organizzazione per cooperazione e sviluppo economico) ha rivisto al rialzo le stime di crescita dell'economia globale, +2,6% dal +2,2% di novembre e al ribasso quelle sull’inflazione dei Paesi G20 a +5,9% da +8,0%: si nota anche l’invito alle Banche centrali a contrastare l'inflazione proseguendo nella politica restrittiva.
In un contesto variamente perturbato come quello di venerdi’ 17, non stupisce la discesa del prezzo del gas europeo (TTF Amsterdam) sotto 43 Euro/ megawattora e quella del prezzo del petrolio, oltre -2% per il WTI (greggio di riferimento Usa) che porta il calo settimanale oltre -12%.
In Asia stamattina, 20 marzo, mercati azionari in ribasso: pesano quasi Eur 17 miliardi di bond subordinati cancellati col “deal” UBS-Credit Suisse, ed il pessimo “mood” verso le banche: Tokyo ha perso -1,4%, Hong-Kong -2,6%, Shanghai -0,5%, Shenzhen -0,3%, Sidney -1,4%, Seul -0,7%.
L’avvio della nuova settimana per le azioni europee è migliore del previsto, nonostante quelle bancarie fossero partite in retromarcia: a fine mattinata, ore 13.30 CET, gli indici segnano progressi medi di +0,8%, in parallelo al +0,6% indicato dai futures Usa per le riaperture di Wall Street.
L'oro torna a brillare, come risultato della corsa agli asset “decorrelati”, tipica delle fasi di preoccupazione sui mercati: il suo prezzo ha superato stamane 2.000 Dollari/oncia, portando vicino al +10% il guadagno accumulato nelle ultime 2 settimane, cioe’ da quando si e’ iniziato a conoscere dei 2 crack bancari Usa.
Per ragioni simili (paura, incertezza, rischio di recessione) prosegue la crisi delle materie prime energetiche: il prezzo del WTI e’ sceso sino a -2,8%, sotto 64,9 Dollari/barile, e calano ancora i rendimenti dei bond governativi europei: quello del BTP benchmark italiano e’ tornato sotto 4,0% e quello dell’omologo Bunf tedesco sotto 2,0%: lo “spread” tra i 2 e’ stabile, attorno 190 bps.
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